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Fin da bambini ci hanno insegnato a godere dei momenti felici, perchè passano veloci, senza il tempo di poterli fissare come vorremmo nei nostri ricordi, senza il tempo di essere pienamente coscienti di quel calore che ci rapisce e ci solleva dal dolore di tutti i giorni in modo così repentino. La gioia è un bicchiere di vino gustoso, ma è solo uno e per un pasto completo non può bastare. Ma spesso il fato è ancora più beffardo perchè, come diceva Socrate, spesso il dolore e il piacere si toccano, coesistono nello stesso momento, si uniscono in tal modo da non riuscire più a distinguerli, e di quell'attimo l'unica cosa che rimane dopo è il dolore, perchè ? Semplice, perchè è più forte, perchè scava l'anima, la segna irrimediabilmente senza che si possa pensare di guarire velocemente. La gioia è veloce, fuggente, il dolore no, lui rimane, anzi preferisce rimanere, per scemare pian piano, ma con calma, senza fretta, perchè prima ci deve mettere alla prova, ci deve "cambiare" come vuole lui, prima di lasciarci ci deve ricordare la nostra finitezza, la nostra assoluta dipendenza da tutto quello che non possiamo controllare o decidere. Ed allora i sentimenti e gli altri ci aiutano a metabolizzare questa nostra vita senza equilibrio, questa esistenza piena di non controllo e sofferenza. Perchè i sentimenti hanno dei nomi, e noi possiamo identificarli, riconoscerli, ma sicuramente non possiamo darne conto se non per larghissimi tratti, proprio perchè sono sentimenti, e non sono riducibili a "ragione".
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