Monday, May 22, 2006

Le generazioni "offese". Volver di Pedro Almodovar

Come già da tempo ci ha abituato, Almodovar mette in scena l'universo femminile in tutte le complicate maglie esistenziali e i suoi intricati labirinti, restituendoci una Spagna differente da quella che ci ha già raccontato. Nel mondo di Volver gli uomini sono solo figure negative: alcolizzati, violenti, fannulloni, oppure ingenui e veri, e, se tali, tenuti ai margini della storia, quasi a non intaccare l'evoluzione di quel magma femminile che ci dovrà trascinare fino all'ultima immagine. L'inizio del film ha un forza visiva e significativa incredibile. E' rappresentato un piccolo cimitero di una cittadina di provincia. Questo paesino, abitato praticamente solo da donne, o meglio "vedove" che sopravvivono ai loro uomini e che comprano le proprie tombe prima di morire, è dilaniato da un vento costante e caldo, causa di innumerevoli incendi. La scena del cimitero è paradigmatica: ogni "vivente" è indaffarato a pulire le lapidi dai detriti portati dal vento. Le immagini sono accompagnate da una musica leggera e semplice che è colma del senso che il regista, a mio parere ha voluto dare alla scena. I "viventi", nemmeno a dirlo in maggioranza donne, prendono confidenza con la morte, quasi la "spazzano" via, si abituano a farla entrare nella loro "vita", riproducendo l'antico adagio che dice che "vivere è pensare la morte, senza provarla". Tutto ci introduce a quello che il film cercherà di dirci sulla morte, o meglio sui polivoci sensi della morte, perchè si può parlare di morte in molti modi, non solo quella biologica. Difatti anche il regista ha detto che "Volver parla anche della cultura della morte nella mia regione e del modo, non tragico, in cui donne di diverse generazioni si destreggiano in questo contesto".
L'intreccio è presto detto. Ramunda (Penelope Cruz, assolutamente emula di Sofia Loren nei modi, nel trucco, nell'acconciatura dei capelli e in quel modo sensuale e ingenuo allo stesso tempo di mordersi le labbra) è originaria del paesino ventoso de La Mancha, ma vive nella Madrid nei bassifondi, nella periferia multietnica in cui tutti si aiutano. Ha una figlia adolescente Paula (Yohana Cobo), un marito alcolizzato e disoccupato, una sorella Sole (Lola Duenas), una zia malata che vive in paese, custodita da un'amica, Augustina (Blanca Portillo), che vive con l'ossessione della madre, hippie, scomparsa da tre anni. Ma Ramunda ha anche una vita di ricordi difficili, specie quelli che la legano ai suoi genitori, morti in un incendio.
In questa "apparente" tranquilla esistenza, come nella migliore delle tradizioni cinematografiche, un evento visibile sconvolge il cerchio delle vite di ognuno, smuovendo il destino, finora già poco parco di sventure. Il marito di Ramunda tenta di violentare Paula, che si ribella ficcandogli un coltello in grembo e lasciandolo morto, pieno di sangue, sul pavimento della cucina. Ramunda rientra a casa e saputo il gesto dai racconti della figlia non può che decidere di occultare ogni cosa, il corpo, l'evento colposo, l'esistenza stessa del marito dalla propria vita; non può che proteggere la figlia e cercare di spazzare quell'offesa subita.
Ma la morte colpisce contemporaneamente anche la zia di Ramunda e Sole. Quest'ultima, nel tornare a casa dal funerale, si ritrova nel bagagliaio della macchina il fantasma della madre Irene (Carmen Maura) che riappare nella vita delle figlie, perchè, dicono i racconti degli anziani, è tormentata da qualcosa di incompiuto nella sua vita. Ma Irene non è mai morta, sia perchè, come dicono alcuni filosofi, è sempre viva nel ricordi dei suoi cari, che la presentificano, sia perchè è materialmente viva (al suo posto nel rogo morì una sua "sostituta"). Ma la sua missione rimane, deve riconquistare quello che nella vita "precedente" ha perso, cioè il rapporto e il legame con la figlia Ramunda.
Cosa ha spezzato quel legame forte e necessario che lega una madre ad una figlia? Il padre di Ramunda non era un santo, donnaiolo ed egoista, morto nel rogo di un suo tradimento (con la madre di Augustina peraltro), ed era qualcosa di più. Difatti anche Ramunda, come la figlia, subì la vergogna e la violenza dell'abuso sessuale, fatto dal padre, che la mise incinta, di chi? Proprio di Paula. Paula è figlia e sorella, e su tutto questo Irene tacque, o non capì.
L'intreccio è "servito" , ma in quanto tale va sbrogliato ed esaminato, perchè denso di significato. Apparentemente uno potrebbe leggere l'omicidio di Paula come l'evento che restituisce la possibilità di "redimere" Ramunda dall'offesa subita dal padre, la stessa subita da Paula, dandogli nuovamente il modo di ricostruire il rapporto con Irene, una sorta di "vendetta" che purifica le anime di tre generazioni di donne. Ma non bisogna interpretare troppo direttamente l'evento come "giustificato" proprio perchè permette di spazzare via la "morte" che una violenza sessuale instilla in ogni persona che la subisce. E' un modo narrativo (e non solo), a mio parere, per far uscire fuori quelle tenebri schnitzleriane che attanagliano la vita di ognuno, dando la possibilità di capirle e quindi di reinvestirle di un senso che è difficile da cogliere. L'evento tragico riunisce, ricompone non in un equilibrio migliore, ma diverso. Non c'è nel fim nessuna condanna, nè premio, della colpa di Paula, ma è il punto di partenza da cui si può ricominciare a pensare se stessi e gli altri. Tutto potrà ricomporsi e spingere le vite verso un futuro, forse meno condizionato dal passato, perchè questo ha ora un senso diverso, più vero e concreto, sicuramente meno oscuro e nascosto.
Almodovar mette in questo film un pò tutto il suo cinema, i temi di Tutto su mia madre, un pò di Parla con lei (Augustina viene colpita da un cancro da cui non fugge ma che affronta, benchè non pensi mai alla via eutanasiaca). Anche Augustina, sul letto di morte, ha bisogno di una madre, di dare un senso all'immagine di essa. Domanda infatti a Ramunda di chiedere al fantasma di Irene dove sia la sua mamma hippie, e sarà proprio Irene, fantasma-non fantasma, ad accudirla fino alla morte, donando concretezza al ricordo di quella hippie, amante arsa nel fuoco della passione che bruciava se stessi e la vita di chi, tale passione, la subiva (Irene).
Ma è il rapporto madre-figlia che è al centro di tutto, necessario per una donna, e quindi, come dicevano alcune correnti politiche degli anni '70, assolutamente da riconquistare. Sono le generazioni di "donne" che hanno il sopravvento, in quanto le uniche capaci di ricostruire le dinamiche delle loro esistenze e del mondo che le circonda. Almodovar ha detto: "In un intreccio sociale tre generazioni di donne sopravvivono al vento, al fuoco e persino alla morte, a forza di bontà, audacia e una vitalità illimitata", ed è proprio questa vitalità a spingere le protagoniste oltre le loro capacità, oltre i loro limiti, con l'anelito di riscoprirsi e reinventarsi per una vita nuova, che si spera "migliore".
Una nota di merito finale va alla splendida interpretazione di Penelope Cruz e di Carmen Maura, dopo 19 anni ancora in film di Almodovar dai tempi di Donne sull'orlo di una crisi di nervi.