Monday, November 27, 2006

Scorsese: un affare infernale


Prima di iniziare a scrivere sull'ultima fatica di Scorsese, premetto che chi scrive è un assoluto ammiratore della grandezza cinematografica e artistica di un regista, che a ragione ritengo uno dei migliori degli ultimi trent'anni. Sono cresciuto con le frasi di Mean streets nelle orecchie, assaporando l'atmosfera dei Goodfellas, con l'immagine stampata in mente del "tremendo" sorriso di De Niro in Taxi Driver.
Quindi con tutta la gioia e il trepido di chi aspetta una nuova splendida pellicola mi sono avvicinato all'uscita di The Departed, sperando di rimanere ancora ammaliato dalle immagini del maestro italo-americano. Poi ho iniziato ad informarmi e grazie al mio caro amico Pando vengo a sapere che Scorsese ha fatto un remake. Poco male, poi scopro che si tratta di un film del 2002, e qui cominciano i dubbi. Forse è passato un pò poco per pensare di riportare in auge una storia, che è ancora viva nella mente dei cinefili. Il film in oggetto è Infernal Affairs di Andrew Lau e Alan Mak, una pellicola di Hong Kong, e come potevo non vederlo, prima di affrontare il grande schermo e lo Scorsese-remaker?
Quindi mi appresto con curiosità a vedere per intero la saga di Infernal Affairs (sono tre, Scorsese ha ripreso solo la storia del primo), e la trovo semplicemente stupenda. Un ritmo incredibile, suspence sempre alta con basso contenuto di violenza, attori bravissimi e una storia che, come dice il mio amico Pando, può essere sintetizzata con la frase "il bene è il male". Un intreccio incredibile dove non è presente nessuna divisione e schematizzazione manichea, ma un complesso intreccio psicologico che unisce i due protagonisti. Tutto è in tutto, sembrano dire Lau e Mank, riproducendo quello che un pò tutti pensiamo di questa epoca divisa da guerre "giuste" e "ingiuste".
Ora è la volta di Scorsese, quindi mi appresto ad andare al cinema, devo dire non scevro di pregiudizi, pensando che difficilmente si può mantenere il livello dell'originale, ma se il buon Martin c'è riuscito, meglio per tutti...
Purtroppo non c'è riuscito, anzi nelle scene di difficoltà ha addirittura copiato spudoratamente, gli attori (Matt Damon, Jack Nicholson) in questa loro interpretazione, non si avvicinano nemmeno lontanamente alla prova superba dei colleghi hongkonghesi. Nicholson tutto sembra meno che un boss malavitoso, sicuramente non uno di quelli che Scorsese ha dipinto negli anni passati. Matt Damon ha paura di tutto, è esageratamente ossequioso e spesso fuori forma.
Non parliamo del ritmo, lontano anni luce dall'originale, tanto da dover a volte far uso eccessivo di scene violente, che non servono a creare suspence, ma a spostare l'attenzione sull'evento specifico, slegando eccessivamente una trama che spesso non si tiene in piedi. Senza poi dire che la solita maniera americana di tagliare manicheisticamente bene e male fa perdere alla storia quel suo slogan fantastico che era "il bene è il male", tutto troppo schematico e tagliato con l'accetta.
Quindi la domanda è solo una: perchè?
Possibile che un talento e un genio come quello di Scorsese si sia ridotto a dover scopiazzare (e pure male) un film, che aveva una sua perfezione inattacabile? Va bene anche riprendere una storia, ma almeno farla un pò propria, cambiano modalità, scene, avrebbe dato un significato al tutto. Ed invece no, l'imperativo è stato un altro: copiare (magari cambio solo nome della città e dei protagonisti) e farlo senza farsi accorgere. Ma voglio essere buono, voglio lasciare anche libero chi vuole di copiare, ma che almeno lo si faccia bene.